Qual è il Ruolo delle Aree Protette per la ripresa in chiave di sviluppo sostenibile? Intervenendo all’audizione sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) alla Camera dei deputati, il presidente di Federparchi, Giampiero Sammuri, ha evidenziato che “nel PNRR non vi è alcun riferimento dettagliato alla tutela della biodiversità, né tantomeno al ruolo che le aree protette possono svolgere”. Un piano di ripresa per il Paese, alla luce della politica europea sul Green Deal e della Strategia Europea per la Biodiversità 2030, non può prescindere dall’adottare misure dirette e specifiche di protezione e restauro della biodiversità e degli ecosistemi e porre attenzione particolare alla protezione e all’uso sostenibile delle risorse terrestri e marine.

“Occorrono misure, alcune a costo zero, per mettere il sistema italiano dei parchi in condizione di offrire un contributo da protagonisti per la ripresa in chiave sostenibile del Paese”. Federparchi ha consegnato un dossier nel quale vengono analizzate tutte le misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nell’ambito delle quali i parchi possono e devono svolgere un ruolo rilevante sia per la tutela della biodiversità che in chiave di sviluppo sostenibile e il Presidente Giampiero Sammuri ha fatto notare che “in questo contesto è veramente singolare che lo stato italiano limiti la possibilità di spesa degli enti parco, non sulle risorse che dovranno essere stanziate, ma su quelle che giacciono nelle casse dei parchi nazionali. “Stiamo parlando di oltre 120 milioni di euro, una goccia rispetto al PNRR, ma sono risorse che già ci sono e vanno semplicemente sbloccate, consentendo agli enti una gestione per budget e non l’attuale limitazione che impedisce di spendere oltre un certo limiteper l’acquisto di beni e servizi”.
Le 9 proposte presentate da Federparchi si dividono in:
1. Sbloccare il limite per spese per beni e servizi per i parchi nazionali.
2. Estendere i finanziamenti per il clima alle aree protette regionali ed ampliare la tipologia dei progetti finanziabili.
3. Permettere alle aree protette di generare più facilmente entrate proprie gestendo direttamente servizi di carattere turistico che, attraverso l’elevata qualità, siano da traino alla ripresa del settore.E quelle da finanziare con risorse del PNRR.
4. Piani d’azione e monitoraggio, almeno all’interno delle aree protette, per le specie animali e vegetali inserite nelle direttive europee o che siano minacciate di estinzione rispetto alle Liste Rosse italiane.
5. Interventi di miglioramento e ripristino degli habitat nelle aree protette.
6. Favorire la gestione forestale sostenibile, migliorare la capacità di assorbimento della CO2 delle superfici e dei suoli forestali e delle praterie, comprese le praterie marine di posidonia.- Aumentare la resilienza delle foreste e degli habitat marini ai cambiamenti climatici e favorire l’erogazione dei servizi eco-sistemici.
7. Infrastrutture per la fruizione turistica e la divulgazione ambientale nelle aree protette (Centri visita, strutture ricettive, centri di educazione ambientale, piste ciclabili).
8. Creazione della “grande rete nazionale dei parchi”, che metta a sistema i valori naturali e culturali di tutti i parchi italiani attraverso un portale nazionale valorizzato anche dall’Enit.
9. Implementare un progetto unico nazionale per il settore “Parchi e One Health” in cui i parchi e le aree protette costituiscano l’hub operativo.
Federparchi ha anche messo in evidenza anche una serie di problematiche che riguardano la gestione del sistema delle aree naturali protette e che ne limitano le potenzialità sia in termini di conservazione naturalistica che in termini di sviluppo sostenibile e creazione di posti di lavoro. Federparchi ha ricordato di aver chiesto più volte che “le Zone Economiche Ambientali, istituite nel 2019, vengano estese anche ai Parchi Regionali, che sono, economicamente, la parte più debole e carente per dotazioni. Vanno inoltre considerate le difficoltà delle Aree Marine Protette e del reticolo di riserve statali e regionali e dei siti Natura2000”.
Nel documento consegnato alla Commissione ambiente della Camera si legge che “il problema principale, in termini di politiche di sistema, è la incomunicabilità istituzionale e la mancanza di coordinamento dei vari comparti, con particolare riferimento ai parchi regionali”. Anche per questo, Federparchi propone di “riattivare il Piano Triennale della Aree protette previsto dalla legge 394 e da anni inapplicato. Uno strumento che potrebbe dare all’azione dei parchi un respiro unitario e una visione strategica comune, in grado di affrontare le sfide del futuro e cogliere in pieno le opportunità che si stanno mettendo in campo sia a livello nazionale che internazionale per far ripartire il Paese”.